Affresco del San Sebastiano, importante scoperta

Tratto dal quindicinale di Ginosa "La Goccia" n. 4 - 2 marzo 2013

L’affresco del San Sebastiano, fu rinvenuto nel Pianoro del Castello dai componenti del Circolo Giano di Legambiente. Antonio Pizzulli, Rossano Maggiore..e altri

Racconto dell'artista ginosino Pietro Di Canio

L’affresco del San Sebastiano fu rinvenuto vent’anni fa nel Pianoro del Castello dai componenti del Circolo Giano di Legambiente.

Quando nel 1891 Maria Cristina d’Asburgo regina reggente di Spagna, acquistò dagli Alcanices il Castello di Ginosa lo giudicò “romanico”. Una definizione poetica che si proietta nel campo del bello architettonico, artistico e culturale, ma anche delle emozioni.  

 Le stesse che le sue mura continuano a trasmettere ai visitatori e che si evolvono nel racconto dell’artista ginosino Pietro Di Canio nel ricordo di quando nel mese di ottobre del 1993, insieme ad altri componenti della sezione locale “Giano” di Legambiente, fece la prima scoperta archeologica medievale del territorio. 
“Appena con Lucia, successivamente divenuta mia moglie, e mio cugino Giovanni mettemmo piede sul pianoro del Castello, fummo inebriati dai pregnanti odori di spezie. Mentre eravamo rapiti dal fascino che il paesaggio circostante della Rivolta con tutto il sentore dell’umanità che in quei luogo ha vissuto e combattuto la vita con i suoi ritmi e il suo perpetuo movimento, all’improvviso fummo attratti dal cedimento di un terreno la cui buca era tappata da una pigola macina da frantoio. La spostammo e da esperto speleologo abilitato all’attività m’infilai nel tunnel sottostante. La conformazione strutturale era tipica di una grotta, ma anche delle cisterne di di acqua che, evidentemente, esaurita potrebbe essere stata usata come scarico di materiale proveniente da chissà dove. 

Continua..

Con le mani spolverai alcuni pezzi di tufo dai quali s’intravedeva un puzzle un affresco. Fu come vedere le “radici” da cui proveniva qualcosa di nuovo nello stesso momento che lo stavo facendo. Non sapevo cosa sarebbe emerso. Ebbi solo sensazioni di gioia per una scoperta eccezionale. Chiamammo gli altri componenti di Legambiente: Antonio Pizzulli, Rossano Maggiore, Vincenzo Tarantini, Franco Casarola, Nicola e Antonio Calabrese, Stefano Basta. Lavorammo in quel sito per dodici domeniche di fila con la stessa dedizione dei monaci basiliani e benedettini che vi avevano abitato. Portammo alla luce una splendida iconografia raffigurante San Sebastiano, risalente al XIII secolo. Ed una moltitudine di cocci di vasellame e lucerne, che adesso sono custoditi presso la Soprintendenza di
Bari. La gioia di quel recupero – spiega Di Canio – rimarrà indelebile come gli anni della nostra gioventù passati nelle chiese rupestri di Santa Sofia, Santa Barbara, il Casale e la Rivolta a cercare di scoprire le memorie degli avi attraverso la materia, la spiritualità e la sedimentazione”.

Conferenza sulla scoperta dell'affresco del San Sebastiano

La storia del territorio di Ginosa è costellata da esplosioni di stupore di fronte a rinvenimenti di antropologia paleolitica e neolitica ed a tante scoperte che hanno tolto dall’oblio anni di dominazioni romane medievali e rinascimentali. L’inedito filmalo del ritrovamento dell’affresco di San Sebastiano è stato proiettato per fa prima volta nel corso della conferenza tenuta nei giorni scorsi presso il Castello. Ad organizzarla è stato l’Opificio delie Arti e dei Mestieri, presieduto  da Rossella Bozza, avente tema “Il Castello Normanno tra Storia e Leggenda”. All’incontro hanno relazionato Giambattista Sassi (direttore del Museo Civico Santa Parasceve), Piero Di Canio, in rappresentanza del Circolo Giano ed esperto di storia locale. L’architetto Antonio Di Tinco tecnico responsabile del progetto “Bollenti Spiriti”, Vincenzo De Canio consigliere comunale delegato ai Lavori Pubblici. Per l’occasione è stata presente Teresa Schojer, archeologa della Soprintendenza di Taranto. Sassi ha sviluppato una riflessione responsabile di fronte alla realtà e alla contingenza documentale sulla datazione del Castello. 

“Per il momento – ha detto – di sicuro si può collocarlo tra il 1240 e il 1246. Questo è quanto riportato dal più antico statuto di riparazione dei castelli redatto in età angioina, che individuava nei cittadini di Ginosa e di Laterza coloro che dovevano occuparsi della sua manutenzione Finora non ci sono né documenti scritti né prove archeologiche tali da poter supportare che sia stato realizzato nel secolo precedente. Inoltre, è bene tener presente – ha sottolineato Sassi – che il monumento più antico di Ginosa, stante un afferente atto risalente al 1083, è quello di Santa Parasceve, dove attualmente è attivo il Museo Civico”.

Conclusione

Nel corso del suo intervento il direttore del museo ginosino ha richiamato con orgoglio professionale il campo di lavoro dell’agosto del 2005. Diretto da lui e dalla dottoressa Schojer, che, sempre nel Pianoro del Castello, portò alla luce sette sepolture. Furono rinvenute monete bizantine (1040-1045) e materiale archeologico datato XII sec, a.C. (età del Bronzo Medio) e ceramica peuceta VIII/VI sec. a.C. “Romantico”,  disse la regina di Spagna dell’altero Castello, tramandando le stesse sensazioni ai giovani pionieri. Un pò eroi, del Circolo Giano di Legambiente, e il desiderio della scoperta di civiltà perdute e della loro genesi agli archeologi Sassi e Schojer e alla professionalità dell’architetto Di Tinco che ha (ri)donato alla fruibilità pubblica una parte degli ambienti. Un restauro che è stato possibile farlo grazie ai 300 mila euro di finanziamenti rivenienti dal Programma per le Politiche giovanili della  Regione Puglia, denominato Bollenti Spiriti e a 50 mila euro di cofinanziamento da parte dell’Ente comunale ginosino. Per recuperare completamente il Castello, però, necessiterebbero altri 4 milioni di euro, secondo una stima del consigliere delegato ai Lavori Pubblici, Vincenzo De Canio. Intanto, per i prossimi mesi il dottor Sassi ha preannunciato una nuova e fantastica pagina della conoscenza della storia del territorio riferita al tunnel che collega il Castello alla contrada Madonna D’Attoli.

Canta Storie 
foto Erasmo Mazzone

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